ILLUSTRAZIONI PER GULLIVER OF MARS (© Frank Frazetta, A DESTRA)

ILLUSTRAZIONI DI FRANK FRAZETTA PER LA SERIE DI "JOHN CARTER OF MARS" © Frank Frazetta

Due grandi scrittori di fantascienza ambientarono le loro storie su un Marte "lowelliano". Il primo fu Edgar Rice Burroughs (1875-1950), con una lunga serie di avventure con protagonista, almeno inizialmente, John Carter, reduce della Guerra Civile americana e cercatore d'oro. Le avventure di John Carter, dei suoi amici e parenti costituiscono un'opera d'immaginazione paragonabile al Signore degli anelli, e sono ancora oggi così popolari che a Burroughs è stato dedicato un cratere marziano a 72,5S di latitudine e 243,1W di longitudine, e del diametro di circa 104 km. Tutto iniziò con la pubblicazione nel 1912, sull'All-Story Magazine, di un romanzo a puntate col titolo Under the Moons of Mars, più tardi ristampato col titolo definitivo A Princess of Mars.

MAPPA DI MARTE (BARSOOM) SECONDO EDGAR RICE BURROUGHS

John Carter non ha bisogno di un'astronave per andare su Marte: inseguito dagli indiani, mezzo morto, si sente irresistibilmente risucchiato dal pianeta. "Era Marte, il dio della guerra, e mentre lo fissavo mi sembrava che mi chiamasse attraverso quell'abisso impensabile, per adescarmi, per attirarmi come la calamita attira i frammenti di ferro. Chiusi gli occhi, sollevai le braccia e mi sentii proiettare nell'immensità degli spazi con la rapidità del pensiero. Fu un istante di estremo freddo e di buio totale. Poi aprii gli occhi su un paesaggio insolito e misterioso". Fin dal primo istante si trova catapultato nell'avventura allo stato puro. Grazie alla minore gravità di Marte (che i suoi abitanti chiamano Barsoom), riesce ad avere la meglio su guerrieri, selvaggi, stregoni, creature verdi con quattro braccia (e quattro seni femminili) che cavalcano bestie azzurre a otto zampe, e soprattutto mostri di ogni genere: giganteschi rospi zannuti (con dieci zampe), esseri simili a gorilla e sempre con quattro braccia, e simili. Dopo una grande battaglia contro una flotta aerea, incidentalmente trova anche una prigioniera di pelle rossastra, la splendida Dejah Thoris, principessa di Helium, la maggiore città del pianeta, che diviene sua moglie. Dejah è del tutto simile agli uomini (e completamente nuda) ma con la piccola particolarità di deporre uova... e proprio da un uovo nasce il loro figlio. "Non passava giorno, quando mi trovavo in città, che io e Dejah Thoris non stessimo mano nella mano di fronte al delicato guscio, facendo piani per il futuro per quando si fosse rotto". Carter apprende l'uso delle armi locali, che vanno dalle spade ai fucili a raggi, e finisce perfino a combattere all'ultimo sangue in un'arena. Il linguaggio di Barsoom è semplice, ma gli abitanti si servono soprattutto della telepatia. Vi sono anche umanoidi bianchi e neri. Su Barsoom non solo manca l'acqua, a parte quella dei canali, ma anche l'aria, che dev'essere prodotta in apposite fabbriche. Alla fine del romanzo, le fabbriche si guastano e i Marziani cominciano a perdere i sensi per asfissia. Solo John Carter sa come riavviarle, ma sviene a sua volta nel tentativo, e torna sulla Terra altrettanto misteriosamente di come era arrivato, bramando per anni di tornare dalla bella Dejah, e chiedendosi se all'ultimo istante sia riuscito a salvare i Marziani dal soffocamento. Nei romanzi successivi apprende a proiettarsi su Marte a volontà... pur essendo morto e chiuso in una bara. Se questo sembra un po' strano, tenete a mente che è solo l'inizio. Anche la mappa di Barsoom corrisponde solo parzialmente a quella del vero Marte, perfino per le conoscenze astronomiche dell'epoca.

ILLUSTRAZIONI DI GINO D'ACHILLE PER LA SERIE DI "JOHN CARTER OF MARS" © Ballantine Books

Nonostante la loro ingenuità, le storie di Burroughs affascinarono un pubblico immenso, tra cui Carl Sagan: "Ricordo di aver letto questi romanzi senza fiato, e di aver passato molte ore nella mia infanzia, con le braccia tese al cielo in un campo deserto, implorando quello che credevo fosse Marte di trasportarmi laggiù". La serie completa delle vicende di Barsoom si compone di svariati romanzi, ma solo i primi tre hanno John Carter come protagonista: si tratta di A Princess of Mars (1917, in volume), The Gods of Mars (1918), e The Warlord of Mars (1919). Ci sono poi avventure con altri personaggi: Thuvia, Maid of Mars (1920), The Chessmen of Mars (1922), The Master Mind of Mars (1928), A Fighting Man of Mars (1931), Swords of Mars (1936), Synthetic Men of Mars (1940), Llana of Gathol (1948) e John Carter of Mars (1964), in cui l'eroe riappare un'ultima volta. In Italia questi romanzi sono stati raccolti dall'Editrice Nord in soli cinque volumi: John Carter di Marte (1973), che riunisce i primi tre titoli, Le pedine di Marte (1980), La mente di Marte (1981), I guerrieri di Marte (1982), Llana di Gathol (1982). I volumi sono attualmente esauriti.

ILLUSTRAZIONI DI MICHAEL WHELAN PER LA SERIE DI "JOHN CARTER OF MARS" © Del Rey Books

Il secondo importante autore marziano fu Ray Bradbury. Il suo capolavoro Cronache marziane apparve nel 1950, ed ebbe l'onore di essere subito tradotto in italiano nell'importante collana Medusa di Mondadori. Da allora Mondadori l'ha sempre tenuto in catalogo. Cronache marziane è una raccolta di racconti, solo vagamente cuciti insieme tra loro, che narrano la conquista umana di Marte, l'estinzione dei Marziani originari, e, infine, la guerra atomica sulla Terra, lasciando un pugno di coloni marziani come unici sopravvissuti. L'ultima storia del volume, The Million Year Picnic, fu in realtà la prima ad essere pubblicata, nel 1946, sulla rivista Planet Stories. E' inutile cercare di riassumere tutti i racconti, che si svolgono dal 1999 al 2026. In Ylla, i Marziani vengono presentati così: "Avevano una casa a colonne di cristallo sul pianeta Marte ai margini di un mare vuoto, e ogni mattina si poteva vedere la signora K mangiare i frutti d'oro che crescevano sulle pareti di cristallo, o ripulire la casa con manate di polvere magnetica, che, assorbita ogni sporcizia, si dissolveva sulle calde ali del vento. Nel pomeriggio, quando il mare fossile era caldo e immobile, e le viti stavano irrigidite nell'orto e la lontana cittadina marziana, bianca e ossuta come un teschio, se ne stava tutta chiusa in sé, e nessuno usciva di casa, si poteva vedere lo stesso signor K nella sua camera, intento a leggere un libro metallico dai geroglifici in rilievo, su cui egli passava la mano leggera, come chi suoni un'arpa. E dal libro, a ogni tocco delle dita, si levava una voce, voce dolce e antica, a cantar di quando il mare era come una nube rossa di vapore sulla spiaggia e uomini antichi avevano portato nugoli di insetti metallici e di ragni elettrici in battaglia. I coniugi K vivevano da vent'anni presso il mare estinto e i loro avi avevano vissuto nella stessa casa, che girava su se stessa, seguendo il sole, come il fiore, da dieci secoli".

ILLUSTRAZIONE DI MICHAEL WHELAN PER LA SERIE DI "JOHN CARTER OF MARS" © Del Rey Books

Uno dei racconti migliori delle Cronache marziane è Mars is Heaven!, in cui i Marziani accolgono i conquistatori terrestri creando il miraggio di una tranquilla cittadina americana, fino addirittura ad apparire sotto le spoglie dei loro cari scomparsi. I terrestri si abbandonano fiduciosi a quell'ambiente familiare, senza nemmeno chiedersi come sia apparso, ma in realtà è solo una trappola, e durante il sonno i Marziani li massacrano. Un attimo prima dell'agguato, il comandante ha un'improvvisa rivelazione: "Supponiamo solo che ci fossero dei Marziani che vivevano su Marte e avessero visto la nostra nave arrivare... e che ci odiassero... che volessero distruggerci come invasori, come indesiderati; e che volessero farlo in modo molto astuto, così da prenderci di sorpresa... quale sarebbe l'arma migliore che un Marziano potrebbe usare contro terrestri con la bomba atomica?" Il racconto preferito dallo stesso Bradbury, tuttavia, è There Will Come Soft Rains, e non si svolge su Marte ma sulla Terra del dopobomba atomico: la protagonista è... una casa, completamente automatizzata, dove i robot continuano a svolgere mansioni ormai inutili perché gli abitanti sono morti. Poi, oltre a queste, Bradbury scrisse molte altre storie marziane che non sono mai state riunite insieme, la migliore delle quali è probabilmente The Lost City of Mars, pubblicata nel 1967 su Playboy. Una curiosità: nel 1980 venne tratta dal libro una miniserie TV trasmessa anche in Italia, ma si rivelò così orrenda che in seguito lo sceneggiatore telefonò a Bradbury per scusarsi.

ILLUSTRAZIONE DI MICHAEL WHELAN PER LE CRONACHE MARZIANE DI BRADBURY © Bantam Books


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