Lowell era convinto che le "oasi" alle intersezioni dei canali fossero le megalopoli dei marziani. Come scrisse in Mars as the Abode of Life, "La loro relazione col sistema di linee è impressionante, poiché appaiono alle giunzioni... solo, e praticamente sempre, alle giunzioni. La loro natura è quindi quella di punti nodali della rete".

"Le osservazioni mostrano che le oasi mutano sia di dimensioni che di colore. In certe stagioni sbiadiscono, lasciando solo un nucleo scuro relativamente piccolo. Sono così formate da due parti, un contorno e un nucleo. Il contorno è indice di vegetazione, come quella dei canali; il nucleo può benissimo essere formato dalla popolazione residente. Il fatto che le più grandi abbiano un diametro di circa 75 miglia, sembra offrire uno spazio sufficiente per vivere e per il sostentamento della vita. Se le nostre città dovessero provvedere da sé al proprio mantenimento, potrebbero ben essere di grandezza simile". Il libro Mars and Its Canals traeva le seguenti conclusioni: "Una delle cose che rendono Marte di così trascendentale interesse per l'uomo è che esso permette di prevedere il corso che seguirà l'evoluzione terrestre. Sul nostro mondo siamo stati capaci solo di studiare il presente e il passato: in Marte siamo in grado di intravedere, in certa misura, il nostro futuro". Lowell riteneva infatti che anche la Terra avrebbe finito per inaridirsi come Marte, e che, per far fronte alla costruzione dei canali, i marziani avessero già dovuto adottare un "modello di sviluppo" radicalmente diverso da quello seguito finora dai terrestri, rinnegando le guerre e unendosi fraternamente in un'unica comunità planetaria. "La prima cosa cui siamo forzati a credere, in definitiva, è il carattere ovviamente intelligente e non bellicoso della comunità che ha potuto operare in modo così unanime su tutto il suo globo".

ABITANTI E ANIMALI DI MARTE VISTI NEL 1908 DA "COSMOPOLITAN" NELL'ARTICOLO DI WELLS THE THINGS THAT LIVE ON MARS

Quelli che si vedevano dalla Terra non erano i canali veri e propri, ma le piantagioni che crescevano intorno ad essi. Un membro della British Astronomical Association aveva stimato che la loro costruzione sarebbe equivalsa a quella di 1.634.000 Canali di Suez, e avrebbe occupato 200 milioni di uomini per mille anni. Ma secondo Lowell, i Marziani potevano essere molto più robusti e forzuti dell'uomo. "Supponiamo che un abitante di Marte sia tre volte più sviluppato di un essere umano" scrisse in Mars. "Se fosse sulla Terra, peserebbe ventisette volte di più, ma sulla superficie di Marte, poiché la gravità lì è solo un terzo circa di quella terrestre, peserebbe solo nove volte tanto. La sezione dei suoi muscoli sarebbe nove volte la nostra. Di conseguenza, sarebbe capace di stare in piedi con la stessa nostra facilità. Ora considerate il lavoro che potrebbe fare. I suoi muscoli sarebbero tutti ventisette volte più forti dei nostri, ed esso potrebbe lavorare ventisette volte di più. Ma a causa della gravità ridotta, lo sforzo da superare sarebbe solo un terzo. La sua forza effettiva, perciò, sarebbe ottantuno volte maggiore di quella umana nello scavare i canali o in qualsiasi altra occupazione. Poiché la gravità sulla superficie di Marte è in realtà un po' più di un terzo di quella terrestre, il vero rapporto non è ottantuno ma circa cinquanta; cioè, un Marziano sarebbe, fisicamente, cinquanta volte più efficiente dell'uomo". Inoltre, la costruzione dei canali poteva essere facilitata da ritrovati tecnici potentissimi. "E' possibile che il popolo marziano sia possessore di invenzioni che non abbiamo ancora sognato, e che per esso elettrofoni e kinetoscopi siano reliquie di un remoto passato, preservate con venerazione nei musei come testimonianze della semplice infanzia della razza".

I MARZIANI SECONDO HUGO GERNSBACK. A SINISTRA: UNA RIVISTA SCIENTIFICA. A DESTRA: UNO DEI PRIMI FUMETTI DI FANTASCIENZA. ENTRAMBE LE PUBBLICAZIONI EDITE DA HUGO GERNSBACK (VEDERE ANCHE ARTICOLO SOTTOSTANTE)

Anche il fatto che Marte avesse un'atmosfera rarefatta non lo turbava: "E' abbastanza certo che esseri costituiti fisicamente come noi troverebbero Marte un posto poco confortevole" scrisse in Mars. "Ma la logica non è questione di polmoni, come dimostrano i discorsi politici, e non c'è nulla che possa impedire, per quanto ne sappiamo, che un essere con le branchie possa essere una persona molto superiore. Senza dubbio un pesce immagina che la vita fuori dall'acqua sia impossibile, e nello stesso modo pensare che la vita come noi la conosciamo, o più elevata, sia impossibile a causa di meno aria da respirare di quella cui siamo abituati, significa ragionare non come un filosofo, ma come un pesce".

LA VITA MARZIANA SPIEGATA DA HUGO GERNSBACK IN PERSONA

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Le sue ipotesi sulla civiltà marziana, però, rimasero nel vago, e ad approfondirle fu uno scrittore tedesco, Kurd Lasswitz, professore di matematica all'Università di Jena. Nel saggio-romanzo Auf Zwei Planeten (I due pianeti), che Lasswitz scrisse nel 1897, comparivano marziani antropomorfi, benevoli verso l'uomo, e che infine esportavano sulla Terra l'ordine sociale e tecnologico di Marte. Mentre i libri di Lowell erano stati tradotti perfino in cinese (ma non in italiano), la fama di Lasswitz restò confinata alla Germania, e il suo volume fu edito in inglese solo nel 1971 dietro personale interessamento di Wernher von Braun, che scrisse nella prefazione: "Non ho mai dimenticato con quanta sorpresa e curiosità divorai questo libro da ragazzo". Più o meno, insomma, com'era accaduto a Gernsback.

In Auf Zwei Planeten, alcuni esploratori artici scoprono una base stabilita dai marziani al Polo Nord, e ciò porta alla guerra fra marziani e terrestri. Ma i marziani, dopo aver conseguito la vittoria senza spargimento di sangue grazie alla loro enorme supremazia tecnologica, dichiarano la Terra loro protettorato e vi instaurano un regime pacifico, abolendo le nazioni. Le uniche notizie che in Italia è possibile trovare su questo saggio-romanzo vengono dal libro I razzi, di Willy Ley (Bompiani, 1948): "Lasswitz aveva trattato molto ampiamente il problema dei marziani. Se questa razza era tanto antica, doveva esservi su Marte tutta una serie di inventori e di istituti scientifici, che avrebbero già risolto le difficoltà del volo spaziale" scrisse Ley. "Per conseguenza i marziani avrebbero visitato la Terra. Quanto ai canali, si trattava di ampie fasce d'alta vegetazione attraverso il deserto (data la minore forza di gravità, su Marte gli alberi sarebbero stati giganteschi). Queste foreste mascheravano le costruzioni delle sparse città e le strade mobili (quando il traffico è molto denso una strada mobile offre più vantaggi dei veicoli isolati). La preziosissima acqua era convogliata in condotti, onde evitarne l'evaporazione, e non se ne sciupava che una minima quantità per irrigare le piante. Il cibo, infatti, dato che i marziani erano molto progrediti nella chimica, sarebbe stato sintetico e così poco costoso da essere praticamente gratuito".

Le opinioni del pubblico riguardo i canali di Marte furono condensate da un popolare libro di Desiderius Papp, apparso in Italia nel 1935, e intitolato Chi vive sulle stelle? (Bompiani). Papp descrisse così la possibile civiltà tecnologica marziana: "Batterie di macchine colossali stanno presso i campi di ghiaccio dei poli, centri di forza motorizzata, a fronte delle cui enormi dimensioni i più colossali stabilimenti industriali d'America sembrano nani. Esse, ancora alla distanza di 4000 chilometri dai poli, là dove occorre irrigare piantagioni di particolare estensione, possono riempire dell'acqua fusa dei campi di ghiaccio perfino canali doppi, tracciati l'uno accanto all'altro".

ILLUSTRAZIONI DI FRANK R. PAUL © Forrest J. Ackerman

"Le macchie circolari tra un canale e l'altro sono le grandi città dei Marziani" proseguì Papp. "In quelle città, migliaia di alti edifici ergono le loro torri al cielo: anche i più bassi di questi eguagliano i grattacieli americani. Lassù, la forza di gravità è quasi tre volte minore che nelle bassure del nostro mondo; i Marziani possono quindi edificare con maggiore facilità di noi terrestri simili gigantesche costruzioni. La ferrea necessità di dare dimora a molti milioni di abitanti nei pochi punti d'intersezione della rete dei canali senza rubare spazio alle piantagioni prosperanti in quei pochi luoghi ricchi d'acqua, forzò i Marziani a fabbricare le loro città non nel senso della larghezza ma dell'altezza". I Marziani avrebbero vinto il freddo del loro pianeta con l'ausilio dell'energia elettrica, e sterminato tutti gli animali per non dividere con loro le scarse risorse.

SCENE MARZIANE DAL RACCONTO DEL 1923 THE SHIP THAT SAILED TO MARS, SCRITTO E ILLUSTRATO DA WILLIAM TIMLIN


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